Di Squali e Di Balene

Un imponente squalo tigre di oltre 3 metri e lo scheletro di un capodoglio di circa 10 metri, entrambi dell’Ottocento, nella cripta del Museo Marino Marini di Firenze. È questo lo scenario nel quale i visitatori sono immersi dal 1° luglio fino al 30 settembre 2020 grazie all’installazione “Di Squali e di Balene”, l’inedito progetto espositivo – ideato in collaborazione con il Museo ‘La Specola’ del Sistema Museale di Ateneo di Firenze – che mette in dialogo passato e presente per richiamare l’attenzione del pubblico sulle questioni ambientali e invitare tutti a una riflessione condivisa sul futuro che si sta costruendo.

Il progetto è curato da Fausto Barbagli, curatore del Sistema Museale di Ateneo di Firenze e Presidente dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici. L’installazione presenta un parallelismo tra “ecosistemi culturali” ed “ecosistemi naturali” che permette di superare la tradizionale dicotomia tra arte e scienza, e intende contribuire a sensibilizzare e informare il pubblico sui mutamenti ambientali e sulle conseguenze che l’azione dell’uomo provoca sugli equilibri naturali: dall’estinzione delle specie animali alla diffusione drammatica di virus, come appena avvenuto con la pandemia da Coronavirus.

Il museo oggi non può essere più solo un luogo di conservazione ma deve svolgere il ruolo di propulsore di conoscenza, instaurando molteplici connessioni per stimolare la riflessione del pubblico e renderlo consapevole delle trasformazioni epocali del nostro tempo. L’ambiente, gli sconvolgimenti climatici, la salvaguardia del patrimonio sociale e culturale, sono tematiche fondamentali che devono essere affrontate dalle istituzioni museali, capaci di costruire una coscienza rinnovata proprio attraverso il potente linguaggio dell’arte.

Lo squalo, al vertice della piramide alimentare marina, incarna le paure più ancestrali dell’uomo ma, allo stesso tempo in quanto animale in via di estinzione, esprime l’urgenza di un ripensamento del consumo del pianeta. La sua immagine – rappresentazione di vita e di morte, estinzione e salvezza – è profondamente contemporanea e, non a caso, è assurta a icona nell’opera dell’artista britannico Damien Hirst. Le ossa della balena, presentate in maniera “illustrativa” sul pavimento della cripta, richiamano espressioni artistiche legate alla ricomposizione, in forme che superano l’idea stessa della disgregazione. La citazione è rivolta ad artisti, come Gino de Dominicis, capaci attraverso la trasformazione artistica di arrestare concettualmente l’irreversibilità del tempo.

Mari e oceani non sono silenziosi, sono percorsi dai segnali sonori di balene, capodogli e delfini. Per i mammiferi marini questi segnali, che spaziano dagli ultrasuoni agli infrasuonici, sono vitali, per corteggiarsi e riprodursi, per coordinare le attività sociali e di gruppo, per cacciare e nutrirsi. Le registrazioni sonore che si possono ascoltare in sala illustrano alcune delle voci più caratteristiche udibili sotto la superficie del mare: quelle dei capodogli e dei delfini, che si possono sentire anche nel Mediterraneo, e quella delle megattere, che si incontrano negli oceani. Le registrazioni sono state fornite dal Centro Interdisciplinare di Bioacustica del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia.

La mostra è aperta al pubblico dal 1° luglio al 30 settembre 2020 negli orari di apertura del Museo Marino Marini.

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