La figura di Marino Marini risulta una delle più interessanti all’interno del panorama culturale ed artistico italiano di questo secolo.
Negli anni Trenta e Quaranta Marino conduce una ricerca rivolta all’elaborazione di una forma “pura”, mediante il recupero e la rielaborazione in chiave moderna della tradizione etrusca e medioevale. La sorella Egle, poetessa, scrive di lui: “Marino nasce mediterraneo nella conca tirrena, terra di antica vena in cui egli affonda le sue radici fisiche e morali e ove insistono l’amore per il campo, l’ombra serena di Giotto, la scarnità umana di Masaccio e quella dell’agitato modernissimo Pisano”.
Il tema del cavaliere che si configura in questi anni, sarà una costante della sua opera, quasi un segnale simbolico della sua personale visione del mondo. Come lo stesso Marino amava dire, “c’è tutta la storia dell’umanità e della struttura nella figura del cavaliere e del cavallo; in ogni epoca di essa. all’inizio vi è un’armonia fra essi, ma alla fine, specie dopo l’ultima guerra irrompe violento fra di essi il mondo della macchina, che frattura questa simbiosi in maniera drammatica ma non meno viva e vitalizzante”.
Infatti, a partire dal 1943 è possibile verificare segnali di cambiamento nella resa plastica del tema: le forme si aprono, diventano violente, piene di tensione; il rapporto fra cavaliere e cavallo diventa drammatico, conflittuale.
Nel dopoguerra Marino accentua la tensione dinamica delle sue opere, giungendo alla deformazione, a superfici scabre e scarnite.
Il tema della pomona, simbolo della fertilità, della femminilità prosperosa ed accogliente, lascia il posto in questi anni a figure legate al mondo del circo e del teatro: giocolieri e ballerine sono caratterizzati da forme allungate, fortemente espressive, accentuate da tracce di colore che talvolta le rendono inquietanti. la serie dei cavalli e cavalieri vede le figure del gruppo fondersi, costituire blocchi dalle forme scarnificate, dense di pathos. questa fondamentale variazione stilistica rispecchia una violenta variazione nella visione delle cose in Marino Marini.
L’episodio della guerra lo colpisce fortemente, l’uomo perde dignità, valore. “Si costruì, si distrusse/un canto desolato restò nel mondo”: con questa citazione letteraria Marini rispose ad un amico che gli chiedeva quale idea poetica simboleggiasse un’opera che stava nascendo in quel momento. Ed è sempre Marino che racconta: “(..) io, nato sereno, in un clima tranquillo, nel segno di un’educazione sicura e, da un certo punto di vista estetico, perfetta, sono entrato nel mondo delle agitazioni del ventesimo secolo e, attraverso queste agitazioni, ho cambiato la forma, l’espressione della mia scultura…”.
Anche nella grafica e nella pittura di Marini si verifica un cambiamento in chiave espressiva; il colore diviene più brillante, corposo e si tramuta in simbolo. Le forme, anche sulle tele, si disgregano. Non raccontano, non descrivono ma evocano. In questo senso lasciamo la parola a Marino: “come nell’amore, nell’arte non si può spiegare tutto, certe parti rimangono nell’ombra luminosa del mistero”.